Il Museo Fondazione Luciana Matalon è lieto di presentare presenta dal 13 gennaio al 26 febbraio 2011 la mostra dal titolo “L’eredità della macchia. Dalle incisioni di Giovanni Fattori alla pittura di Giovanni Malesci” curata da Roberto Ungaro. Attraverso ben oltre cento opere fra acqueforti litografie, disegni e dipinti, oltre a interessanti video, fotografie, cataloghi e libri, viene reso omaggio alla pittura d’ispirazione macchiaiola dei due pittori toscani e alle loro testimonianza artistica del periodo e delle guerre dal Risorgimento alla Prima Guerra Mondiale, in ricordo del 150° anniversario dell’Unitàd’Italia.
Giovanni Fattori, il pittore dell’epopea risorgimentale e delle vedute maremmane, considerato insieme a Silvestro Lega e a Telemaco Signorini tra i maggiori esponenti del movimento dei Macchiaioli, verrà ricordato non solo con alcune delle sue più belle acqueforti, ma anche con documenti inediti che ne raccontano la storia. Una mostra di nicchia per pochi eletti, che fa di Fattori uno degli osservatori più attenti e acuti dell’anima del proprio tempo, arricchita da un approfondimento sulle sue opere che recano testimonianza e lustro ai 150 dell’Unità d’Italia.
Accanto alle opere di Giovanni Fattori, quasi a testimoniare una sorta di parabola ideale con l’ispirazione artistica del pittore livornese,
troviamo i lavori di Giovanni Malesci, suo allievo prediletto nonché uno dei più importanti artisti della Grande Guerra.
Le opere di Malesci ruotano essenzialmente attorno a tre soggetti: gli animali, come nel famoso quadro del “Bue sdraiato”, protagonisti immancabili nella pittura toscana tra Ottocento e Novecento; i paesaggi, particolarmente amati da Malesci e che meglio evidenziano le linee lungo le quali maturò il suo stile come nel dipinto “Antignano”; i ritratti, che per Malesci, sulla scia di Fattori, dovevano essere un documento di verità.
La mostra prevede inoltre un confronto il maestro e l’allievo, con dipinti e carte che ne raccontano le vite e le esperienze militari.
L’intero percorso espositivo è corredato da numerosi pannelli che aiutano il visitatore nella scoperta dell’arte di due pittori davvero speciali, uniti tra loro dalla passione per il vero e da un’amicizia profonda e sincera.
NOTE BIOGRAFICHE
GIOVANNI FATTORI
Giovanni Fattori (Livorno, 6 settembre 1825 – Firenze, 30 agosto 1908) è considerato, insieme a Silvestro Lega e a Telemaco Signorini, tra i maggiori esponenti dei Macchiaioli. Caso unico fra gli artisti più conosciuti, tutta la sua produzione pittorica nota è posteriore ai suoi quaranta anni. Della sua vita si sa poco, specie per quanto riguarda la sua gioventù. Sicuramente di origini modeste, si trasferì a Firenze dalla natìa
Livorno nel 1846. Entrato in contatto con il gruppo del Caffè Michelangelo, divenne allievo di Giuseppe Bezzuoli e iniziò a frequentare la Scuola di Nudo all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Pochi esempi dei suoi primi lavori sono giunti ad oggi; si tratta esclusivamente di schizzi, il che fa ritenere che il suo lavoro sia diventato più forte e maturo solo dopo il 1851, quando l’artista era ormai sui trent’anni. I suoi primi dipinti in questo periodo furono principalmente scene storiche influenzate da Bezzuoli, spesso scene dalla storia del Medioevo o del Rinascimento. Fattori prese parte alle battaglie per l’Unità d’Italia. Il primo lavoro di soggetto risorgimentale, Il campo italiano alla battaglia di
Magenta, risale a questo periodo. A partire da questo dipinto il soggetto militare diverrà uno dei favoriti nelle opere di Fattori: battaglie, soldati. L’altro tema ricorrente è il paesaggio, in particolare la sua terra, la Maremma toscana, con una estrema attenzione al paesaggio agrario. Descritto spesso come realista, fu in questo periodo che l’artista divenne un membro dei Macchiaioli, una corrente di pittori precursori dell’Impressionismo.
Fattori è oggi considerato uno dei membri più notevoli di questo movimento artistico, mentre al suo tempo era considerato rivoluzionario o quanto meno poco credibile, secondo il punto di vista dell’epoca, piuttosto che espressione di un’avanguardia.
GIOVANNI MALESCI
Nato il 13 settembre 1884 a Vespignano, uno dei borghi che compongono il comune di Vicchio, nel Mugello, e scomparso nel 1969 alla vigilia del suo ottantacinquesimo compleanno. Artista-artigiano – lavorò presso la bottega di carta gestita dai parenti fiorentini – Malesci cominciò presto a dedicare ogni momento libero al disegno, sua vera passione. I suoi schizzi, incredibilmente freschi e precisi, colpirono prima il pittore fiorentino Raffaello Sorbi (1844-1931), che tentò invano di convincere i genitori a iscrivere il giovane Malesci all’Accademia, quindi, quattro anni più tardi, la sua arte
non lasciò indifferente Giovanni Fattori (1825-1908), che decise di accoglierlo nel suo studio a titolo gratuito.
Tra i due artisti nacque da subito una stima reciproca, che divenne nel corso di pochi anni un’amicizia profonda che si consolidò e venne sottolineata proprio alla morte di Fattori, che decise di lasciare il suo giovane allievo unico erede universale. Da allora Giovanni Malesci si impegnò a conservare l’opera del suo grande maestro e a rispettarne le volontà, lavorando per promuoverne la memoria presso la critica e l’opinione pubblica, contribuendo così in modo sostanziale alla sua rivalutazione. La prima mostra di Giovanni Malesci si tenne nel 1904 presso la Società delle Belle Arti di Firenze ottenendo un discreto successo. Ma la crescita artistica di Malesci ebbe una svolta decisiva con gli anni della Prima guerra mondiale che lo segnarono profondamente, nonostante venne arruolato come Soldato semplice automobilista e visse la guerra in seconda linea, accanto al generale d’artiglieria
Enrico Caviglia, appassionato di arte, che gli diede il permesso di dipingere mentre era in servizio. Nacquero così tra il 1917 e il 1918 alcune delle sue opere più belle, quadri e disegni in genere di piccole dimensioni, date le condizioni nelle quali furono realizzati. Lavori privi di retorica, di esaltazione patriottica, ma semplici richiami alla vita.
Decisivi sotto il profilo artistico i numerosi viaggi che portarono Giovanni Malesci sulle coste della Campania e poi in Bretagna, Normandia, Belgio e Paesi Bassi: alla costante ricerca di nuovi tipi di paesaggio e di diverse condizioni di luce, ampliò il suo lessico di pittore studiando i cieli e i profili di luoghi assai diversi tanto dalle colline del Mugello e dalla riviera versiliana, quanto dalle Alpi e dalla Pianura Padana.