“Novembre nero”: un titolo che ti brucia addosso.
Cosa è accaduto veramente in quel novembre del ’44 a Zavattarello? La guerra, ormai agli sgoccioli, mostrò il suo volto più feroce proprio qui, tra le mura di un castello che, da simbolo di storia e resistenza, si trasformò in un teatro di orrori.
La Divisione turkmena, un nome che sembra estraneo, quasi esotico, al servizio dell’esercito nazifascista, nasconde una realtà brutale: soldati dell’Asia centrale arruolati nei ranghi nazisti, arrivati in Italia come un elemento distante dalla cultura locale. Ma ciò che si trascinarono dietro non fu solo il riflesso di un conflitto globale, bensì la cruda brutalità di una guerra che non risparmiava niente e nessuno.
E poi, lo stupro. Atto di guerra, simbolo di dominio, cicatrice indelebile non solo sui corpi, ma sull’identità di un’intera comunità. C’è forse qualcosa di più brutale della guerra che si riversa sul privato? Di soldati che non solo combattono ma annientano l’intimo, il quotidiano, il senso di sé? E cosa ci raccontano i documenti, le lettere disperate, come quelle del cardinale Schuster? Sapevano, ma potevano fermarlo?
E le donne? Non solo vittime, ma simboli, territori stessi da conquistare. Quanto ingombrante quella memoria oggi, 80 anni dopo? E cosa resta di un paese che guarda le sue cicatrici attraverso le parole di antropologi e giornalisti, che provano a ricostruire l’impossibile?
Il convegno di sabato 23 novembre, alle ore 14.00, nelle sale del castello Dal Verme, non è solo un memoriale, è una lente, una torcia che illumina angoli bui della storia. Forse, alla fine, ci chiederemo: Zavattarello è davvero così lontano da noi, o quelle domande sono ancora tutte lì, sospese?