Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate

Dalla presentazione per la mostra alla Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate

La mostra dell’attuale stagione della Civica Galleria d’Arte Moderna è dedicata a Luciana Matalon, artista poliedrica, scultrice, orafa, operatrice di grafica.
Subitamente mi avvedo che è la prima volta che questo Museo ospita una protagonista donna: sono lieto che venga così interrotta una parzialità non voluta e casuale. Matalon va collocata nella ristretta cerchia degli artisti visionari dell’ultimo ventennio, meglio dire ve l’hanno collocata le folgoranti intuizioni del suo spirito, la sua natura sognatrice, i suoi amori culturali e l’arte appresa dai suoi maestri ideali ed affini quali Klee, Brauner, Calder e Fontana.

Tra i visionari la pongono le sue opere, sin dagli anni sessanta, la serie delle “Cattedrali dell’inconscio”, così fantastiche ed irreali, appartenenti, al contempo, al passato e al futuro, suscitatrici di emozioni inusitate, ricche di ricordi e rimpianti, di desideri ed aspirazioni. Ciclo delle cattedrali e degli aneliti, degli slanci ascensionali: cattedrali come simbolo degli ardimenti umani di ogni epoca, ma che per noi contemporanei assumono un particolare significato da quello storico giorno che piede umano s’è posato sulla luna trasformando i sogni in realtà. Le opere della Matalon, pitture e sculture, appartengono anche alla corrente spazialista fondata da Fontana. Pittrice raffinata e sensibile, sintetica, essenziale, parca nella cromia, tendente all’astrazione anche se non priva di riferimenti figurativi quali, tra gli altri, gli “occhi-orologio” e le cicogne, gode di una libertà formale e materica, polimaterica, senza limitazioni prestabilite.

La sua scultura, i suoi gioielli, non nascono soltanto dagli interessi spaziali e dinamici, ma anche dalla poesia visiva, unitamente ad un naturalismo sottile ed a volte non dichiarato, espressione di uno struggente attaccamento all’ambiente terra, che sta deteriorandosi sotto i nostri occhi e che si manifesta pienamente nelle serie delle foreste e degli “alberi del sapere”, attuata con superfici piane, quasi bidimensionali, vitalizzate dalle lettere ebraiche che le ricoprono per intero come antichi documenti di amore e storia. Con le opere degli anni ottanta la Matalon ci trasporta in viaggi emozionali nel profondo della psiche ove avvengono gli scambi di epoche e di culture, ove si scopre l’attualità di antiche civiltà. I titoli delle opere sono illuminanti: “Archeologie della psiche”, “Scavi nella memoria”, “Archeologie del pensiero”, “Archeologie abissali”.

Di fronte alle piccole sculture, alle steli, ai totem che la Matalon ha creato pensandole come progetti di grandi e grandissime opere, si prova il desiderio di vederle subitamente dilatate nella certezza che rappresenterebbero veramente il segno distintivo della nostra civiltà così simile, pur nella diversità della potenza scientifica tecnologica, a quella, antichissima, dei nostri antenati.

Il Direttore Silvio Zanella