Il Museo Fondazione Luciana Matalon è lieto di presentare BIANCO O NERO, la prima personale di Leo, al secolo Leonardo Montemanni, tra i più originali e promettenti artisti di Street Art del panorama italiano, tanto da esporre in prestigiose collettive come la mostra curata da Vittorio Sgarbi al Museo di arte moderna di San Paolo, in Brasile.
Il progetto della mostra, a cura di Luca Tommasi, si articola in due sedi: a Milano, presso la Fondazione Matalon, sono esposte una trentina di tele, anche di grande formato; mentre a Monza, in Piazza Duomo, sono presenti 15 carte dedicate a I bambini di Haiti, un diario del dramma del terremoto attraverso gli sguardi dei più piccoli.
BIANCO O NERO intende esprimere il concetto di radicalizzazione della società contemporanea in cui l’individuo è quotidianamente portato a scegliere in maniera manichea in ogni ambito del vivere. E’ una polarità cromatica tra i due non-colori per eccellenza, metafora di una polarità anche sociale, politica ed economica: destra e sinistra, ricchezza e povertà, nord e sud, mondo evoluto e terzo mondo, Cristianesimo e Islam. La normale dialettica è oggi una radicalizzazione che ci vede schierati in fazioni, a difesa della nostra parte, del nostro benessere, della nostra fede, con la paura di cedere terreno all’altro, e con il rischio di continuare a erigere muri, nuove barriere.
Chi è immune a tutto ciò? Chi sa vedere le cose senza pregiudizi? I bambini; gli stessi che Leo ha fatto oggetto principale della sua pittura sin dall’inizio del suo percorso artistico. Il bambino è l’uomo scevro da preconcetti, disposto a conoscere e ad accogliere la novità, convinto che tutto sia possibile e nulla precluso a priori. E’ l’uomo che non ha smesso di sognare; è il nostro lato più intimo, quello che da adulti tendiamo a soffocare e a non ascoltare.
Leonardo Montemanni (1971, Asmara, Eritrea) si accosta alla pittura grazie al padre Giovanni, dal quale apprende i rudimenti delle arti visive. Frequenta l’Istituto d’Arte di Guidizzolo, Mantova, e poi si laurea all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Nel 1988 l’incontro fatale con il Graffiti o “Writing”: il graffitismo appena sbarcato in Europa rappresentava agli occhi dei primi pionieri, come Leo, una cultura affascinante e misteriosa che portava in sé i semi di una visione multi-etnica e culturale, sottendendo a un codice espressivo innovativo e giovane. Naturalmente portato alla pittura, affronta con successo la sfida con la bomboletta spray: in pochissimo tempo viene riconosciuto nella scena italiana dell’aerosol-art come elemento di prima categoria. La pittura a carattere evocativo di Leo suggerisce una possibilità, attraverso il ricordo o il sogno, di esperienze condivise da tutta l’umanità.