La Fondazione Luciana Matalon è lieta di presentare la mostra di Pino Di Gennaro, dal titolo “I pilastri del cielo”.
Pino Di Gennaro, scultore milanese di origine pugliese, si è diplomato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, allievo di Alik Cavaliere e Arnaldo Pomodoro di cui è stato assistente in diverse importanti scenografie, insegna Anatomia Artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Sassari.
Di Gennaro intreccia nella sua opera due tematiche fondamentali: la riflessione sullo spazio come campo in cui le energie si dispiegano e si manifestano in un complesso di movimenti e l’indagine sulla materia, sulle superfici corrose, scavate o spaccate, sui colori alterati dal tempo. Per lui la scultura non è espressione di un monumento eterno e immutabile, è collocata nel tempo e con esso si trasforma.
Esperto e raffinato manipolatore della materia, realizza opere in cartapesta, cera, poliestere, allumino, acciaio, ottone, bronzo, spesso mescolando e fondendo le materie scelte per i loro valori espressivi, per la loro energia e per i loro valori cromatici. Il più delle volte la scultura è policroma e intende il colore quale elemento non aggiunto ma generato dalla materia stessa. I metalli trattati con acidi acquistano nuovi colori che ritroviamo anche nelle opere in cartapesta.
Guglielmo Gigliotti scrivendo dell’artista afferma che: “La scultura è creatura terrestre, gravitazionale e volumetrica, la sua natura si pone quindi agli antipodi del galleggiamento orbitante dei corpi celesti, ma Pino Di Gennaro ha trovato il modo di riscattarla dai limiti fisici e storici, ha scoperto come liberarla dal suo essere scultura, inventando l’astroplastica, la cosmografia tridimensionale, il paesaggio materico-meteoritico. In altre parole, Pino Di Gennaro ha individuato il modo di reinventare ad ogni opera l’universo, concependolo come scrittura di segni asemantici e immaginifici, come alfabeto astrale fanta-grammaticale”.
Luna solare, disco bronzeo del 1998, ha la pelle incisa dalla traiettoria delle meteore, corrosa dai grumi dei vapori cosmici. Segni, solchi e concrezioni si organizzano in micro-scrittura per tradurre astroplasticamente le macro-dimensioni dell’universo tutto, anche quello interiore. Le Preghiere realizzate in bronzo e cartapesta colorata nel 2000 sono simili ai rotoli da preghiera tibetani. Anche gli steli sottili delle sue Foreste recano una “scrittura” para-minerale e pseudo-vegetale: segni, escrescenze e materiche protuberanze. Alte fino a tre metri e mezzo, queste sculture appaiono come l’ennesimo omaggio alla simbologia della verticale, non a caso Di Gennaro le definisce anche Pilastri del cielo.